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Il reverendo Jules

Titolo originale

'L'Abbé Jules'

L'Abbé Jules

Edizione francese

Sottogenere

critica sociale

Ambientazione

Normandia, anni 1860

Protagonisti

Jules Dervelle

Il Reverendo Jules (in francese L'Abbé Jules, 1888) è un romanzo di stile realista dello scrittore francese Octave Mirbeau. È stato pubblicato in traduzione italiana anche col titolo L'abate Giulio.

Trama

Il personaggio centrale, Jules Dervelle, è un sacerdote cattolico, in cui carne e spirito sono in ribellione contro la violenza della famiglia, la corruzione della sua Chiesa e, più generalmente, contro l'oppressione della società, che soffoca ferocemente le aspirazioni degli individui. Il romanzo racconta la scoperta progressiva di questo prete maledetto, insieme spregevole e vittima della nevrosi, malattia moderna per eccellenza, da parte del giovane nipote, narratore della storia, che ne è affascinato e spaventato.

Per sottolineare le contraddizioni irrisolvibili e nevrotiche di questo personaggio misterioso, incapace di reprimere i propri impulsi e tormentato tra il desiderio sessuale e la morale religiosa che gli impone una castità ecclesiastica contro natura, Mirbeau mette in opera la psicologia del profondo, sotto l'influenza della rivelazione di Dostoevskij.

Ida Porfido : «Chi è Jules ? Un prete della genia sadica o il martire di una società oppressiva e violenta compromessa da interessi, sordidi ? Un individuo spregevole, terrore delle famiglie, o uno spirito libero ma avvelenato da impulsi e desideri tremendi ? In questo romanzo che segnò invece una svolta nella narrativa di fine secolo, come nei romanzi del contemporaneo Conrad, è raccontata un’avventurosa indagine nella solitudine di una coscienza sconvolta dalla malattia moderna per eccellenza, nevrosi. È l’incapacità di reprimere i propri desideri – più ancora forse che di soddisfarli – a minare dall’interno la condotta del personaggio, rendendola contraddittoria e incomprensibile, Soprattutto a trasformare la sua vita in un inferno e lui, come scrisse Maupassant, in un dannato. »

Hermann-Paul, Jules predicando, 1904

Un altro personaggio, marginale, ma originale e importante, è un monaco mezzo matto, il padre Pamphile, che vive da solo in un'abbazia rovinata, l'abbazia del Réno, e vorrebbe ricostruire la cappella della chiesa colle elemosine ricevute durante 40 anni di accattonaggio.

Jules

* La sua carriera

Jules Dervelle è nato in un piccolo borgo della [[Normandia]], Viantais, da padre violento e madre devota. Fin dall’inizio manifesta un gusto spiccato per gli scherzi crudeli. Eppure, con grande stupore di tutti, un giorno decide di farsi prete. Terminati gli studi teologici, viene quindi nominato segretario del vescovo di S…, in Normandia, un prelato debole e ottuso della cui fiducia Jules non tarda ad approfittare biecamente. Diventato onnipotente, fa regnare il terrore nella diocesi e moltiplica scandali e provocazioni. Uno di questi episodi metterà persino in allarme le cancellerie di tutta Europa e varrà al vescovo una dura reprimenda da parte del governo imperiale.

Cacciato dal vescovado, Jules viene mandato a fare il parroco a Randonnai (Orne), dove trascorre dieci anni nella noia più mortale. Per procurasi in qualche modo un’occupazione, si lancia in diversi progetti senza costrutto. Dopodiché un bel giorno si trasferisce a Parigi senza preavviso. Trascorsi sei anni – di cui non sappiamo nulla ! –, ritorna nel borgo natio, ma rifiuta di alloggiare in casa del fratello, il dottor Dervelle. Sceglie invece una abitazione isolata, i Cappuccini, nella cui biblioteca si rinchiude spesso, in compagnia di un misterioso baule. Nella speranza che il figlio Albert possa ereditare dallo zio, il dottor Dervelle propone a Jules di occuparsi dell’educazione del ragazzo. Ma Jules, che propende per « l’educazione negativa » auspicata da Jean-Jacques Rousseau, non gli insegna niente, anche se gli farà leggere Spinoza e Pascal. Gravemente malato, muore dopo una lunga agonia durante la quale si abbandona « ad atti osceni » e a « parole abominevoli ». Con un testamento datato 28 settembre 1868, che rappresenta una specie di esperimento postumo, Jules lascia la propria fortuna al primo prete della diocesi disposto a rinunciare al sacerdozio, pregustando in anticipo le zuffe che tale disposizione non mancherà di scatenare tra i confratelli. Quanto al suo baule, stracolmo di libri e di immagini pornografiche, dietro sua espressa richiesta, verrà bruciato.

* Un ribelle metafisico

Il reverendo Jules è un ribelle metafisico, in preda a dubbi lancinanti, ma avido di assoluto, dilaniato da “postulazioni” >contraddittorie : a volte verso il cielo, il bene, la giustizia, altre volte verso il basso, il male, l’ingiustizia. Jules soffre continuamente della propria incapacità di tenere a freno pensieri ed emozioni. La castità ecclesiastica, che egli giudica contraria ai bisogni sani e naturali dell’uomo, gli pesa enormemente. Perciò si abbandona a pratiche solitarie e compulsive, che, in lui, si scontrano con una brama di purezza ed elevazione. In rivolta contro la Chiesa cattolica, contro i dogmi assurdi ed i confratelli ipocriti, non riesce tuttavia a spretarsi del tutto e, da “sacerdote libero” continua a dire messa e a impartire sacramenti. Allo stesso modo, in rivolta contro una società soffocante e oppressiva e contro i propri simili, chiamati tutti irrimediabilmente « imbecilli », Jules non riesce a dare coerenza ai suoi accessi di rabbia e disgusto e si accontenta di « tirate venate di anarchismo vago e sentimentale ». In definitiva, il reverendo Jules porta alle estreme conseguenze le contraddizioni che caratterizzano tutti gli uomini, tanto che il suo caso, per quanto eccezionale, è un ottimo mezzo per indagare l’umana natura.

Per concepire la figura del reverendo Jules, Mirbeau si è ricordato di un vecchio zio, Louis-Aimable Mirbeau, prete libero, alla cui agonia aveva assistito vent’anni prima. Lo scrittore, però, gli ha regalato anche molto di sé : i suoi furori, i suoi strazi, il suo amore per la natura, le sue altalene emotive, la sua violenza verbale, la sua concezione tragica della condizione umana, la sua rivolta metafisica, la sua aspirazione all’annientamento della coscienza, la sua ribellione nei confronti di tutte le strutture sociali oppressive e alienanti, la sua denuncia degli ideali mistificatori e criminogeni. A dispetto di ciò, Mirbeau rifiuta di fare del personaggio il suo portavoce e gli attribuisce azioni scioccanti e discorsi incoerenti che minano la sua credibilità e costringono il lettore ad interrogarsi.

Hermann-Paul, Jules e Pamphile, 1904

Pamphile

* La sua storia

Sebbene sia una figura marginale del racconto, Padre Pamphile è un personaggio davvero straordinario e affascinante, la cui storia viene narrata dall’autore per mezzo di un lungo flash-back.

Religioso appartenente all’ordine dei Trinitari, che un tempo era solito inviare i propri membri a riscattare gli ostaggi cristiani in mano ai pirati barbareschi, il prete vive da solo in un’abbazia abbandonata in Normandia] l’abbazia del Réno. Completamente folle, ha come unico obiettivo quello di trovare il denaro necessario per ricostruire la cappella della chiesa e continuare così a liberare i cristiani prigionieri degli infedeli. A tale scopo percorre da decenni a piedi l’Europa, sottoponendosi a terribili privazioni, sofferenze e umiliazioni pur di raggranellare la somma sufficiente. Tuttavia, raggirato ripetutamente dai venali costruttori ai quali si rivolge per i lavori di restauro e costretto ogni volta a riprendere tutto daccapo, dissipa inutilmente il ricavato delle questue.

Quando il reverendo Jules tenta di farsi consegnare il denaro residuo per creare la propria biblioteca, Padre Pamphile lo scaccia indignato. Poco tempo dopo Jules trova il suo cadavere tra le macerie dell’abbazia, in avanzato stato di decomposizione: Pamphile è rimasto vittima di un crollo. Dopo averlo seppellito con le sue mani al centro dell’amata abbazia, pronuncia la sua orazione funebre: « Almeno questo te lo dovevo, dolce predatore di stelle, ingenuo tessitore di fumo… Dormi e sogna… adesso il sogno non avrà mai fine… nessuno ti risveglierà… Hai trovato la felicità. »

* Follia o saggezza ?

Ricalcato sulla figura di un monaco dell’abbazia di Cerfroid, incontrato anni prima da  Mirbeau, Padre Pamphile è al tempo stesso il doppio e l’opposto di Jules. Come lui, aspira all’assoluto e vagheggia cose irrealizzabili; come il reverendo, ha un comportamento incoerente. Mentre Jules, però, è dolorosamente straziato dalle proprie contraddizioni, Pamphile sembra godere di tutte le disavventure che infligge a se stesso nell’impossibile speranza di realizzare il suo sogno. Non c’è bassezza in lui : i sacrifici cui si sottopone sono il prezzo che paga volentieri per far trionfare la sua fede. Perciò è difficile per il lettore emettere un giudizio preciso. Se è vero che Pamphile è folle, è anche vero che, nel corso della sua inarrestabile ascesi, è giunto a un livello estremo di rinuncia, a un totale distacco, il che rappresenta il massimo grado di saggezza, non solo per i filosofi dell’antichità stoici, epicurei e scettici, ma anche per Schopenhauer o i buddisti. Ed è proprio a questo ideale di annullamento della coscienza, a questo Nirvana – pseudonimo peraltro scelto da Mirbeau nelle sue 'Lettere dall’India del 1885 – che il reverendo Jules, ribelle e troppo appassionato, è incapace di giungere.

Al che sorge spontanea la domanda: il massimo della follia non sarebbe anche, paradossalmente, il massimo della saggezza ?

Traduzioni

Il romanzo del Mirbeau è stato tradotto due volte in italiano :

* L'Abate Giulio, Salani, Firenze, 1901, traduzione di Albertina Palau.

* Il Reverendo Jules, Marsilio, Venezia, 2003, traduzione di Ida Porfido.

Per le traduzioni in altre lingue, vedere :

* Pierre Michel, Bibliographie d’Octave Mirbeau, Société Octave Mirbeau, 914 pagine.

* Octave Mirbeau en toutes langues, Société Octave Mirbeau, 2018, 217 pagine.

Bibliografia e collegamenti esterni

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